giovedì 1 giugno 2017

Poesia / Vetro (7). Con Toti Scialoja e Alfred Kolleritsch.


Nel mio libro lirico Dettagli (Edizioni della Laguna) Vetro è una silloge della Seconda Parte. Vi racconto la maledizione del vedere tutto, sentire tutto, comprendere tutto.
Ambientata in un SottoMondo marino, propone vie di salvezza al vivere feroce dei nostri tempi.
Rimedi. Ciclici come la risacca e la marea.
Creatura in metamorfosi, dunque, costretta a guardare attraverso palpebre cristalline, costruisco un universo parallelo in cui gli stati esistenziali diventano fluidi e si compenetrano in coerenza crescente. La Vita e la Morte si soffondono, così, di un Vaghissimo sentore della Luce che disarticola ogni senso comune favorendo percezioni profonde.

Farsi abbagliare dalla limpidezza.
Irene Navarra, La Morte-Vetro, Disegno grafico, 2017.


7

La Morte-Vetro è musica solenne.
Vaghissimo sentore della Luce.

(Le particelle finalmente libere
– non più orribili siamesi –
gemono appaganti vibrazioni
smorzate solo da un possibile
guardare spalancato nella pece.)

Rileggendomi, a distanza di anni, ritrovo significati e significanti. La Morte-Vetro si fa effettuale nel giorno dopo giorno. E il paradosso del Vedere di più, potere di meno assume indiscutibile risalto. Ripenso allora a una lirica di Toti Scialoja che mi ridefinisce matericamente lo spazio con il guizzare di una profetica metafora.

Inquietudine.
Irene Navarra, La Morte-Vetro e Ἰχθύς, Disegno grafico, 2017.

La sagoma di un nero
pesce istantanea scorre
controluce entro il limpido
verde che l'onda innalza

da destra – lastra liquida
che via via si rovescia
– l'anima in quella lamina
non se la passa liscia.


Da Impera in Le sillabe della sibilla (1983 - 1985).
Fonte: Toti Scialoja, Poesie, Garzanti, 2002.


Mentre Alfred Kolleritsch, frugando negli strati del reale, punta dritto al cuore della morte con la sua Rovescio (in Il primato della fioritura, Crocetti Editore, 2000), mettendo a nudo la fragilità dell'essere. Così, onda per onda, si scioglie ogni certezza.
E io scivolo indietro.
Senza appigli sdrucciolo nella mia condizione primigenia intossicata dalla sensorialità.
E me ne sto inerme ad aspettare il Vetro di un pensiero.

Sgomento esistenziale.
Irene Navarra, Senza riparo, Disegno grafico, 2017.
Le immagini della morte
al mare in quanto morte,
intimamente nella carne
le spiagge disseminate.

Inviano la brama
ai gabbiani, spaccano la porta,
e nello splendore
è spenta la luce.

Essere così esposti a se stessi,
senza mutevole contesa per questo,
che si mormori nei cespugli,
eccede il diritto ai nomi.


Poesia / Vetro (6). Con Kenneth White.


Nel mio libro lirico Dettagli (Edizioni della Laguna) Vetro è una silloge della Seconda Parte. Vi racconto la maledizione del vedere tutto, sentire tutto, comprendere tutto.
Ambientata in un SottoMondo marino, propone vie di salvezza al vivere feroce dei nostri tempi.
Rimedi. Ciclici come la risacca e la marea.
Creatura in metamorfosi, dunque, costretta a guardare attraverso palpebre cristalline, costruisco un universo parallelo in cui gli stati esistenziali diventano fluidi e si compenetrano in coerenza crescente.
La Vita e la Morte si soffondono, così, di un Vaghissimo sentore della Luce (in Vetro 7) che disarticola ogni senso comune favorendo percezioni profonde.
I tratti del disegno seguono chimere di suoni. Sono i segni una persuasione illusoria.
Farsi diapason degli abissi è accettarne il silenzio solenne che anticipa la morte vibrando di accordi muti.

Vibrare di accordi subconsci.
Irene Navarra, Campane e sistri, Disegno grafico, 2017.

6

Se c'è un rintocco di campane
che si propaga in sistri
negli atomi disciolti del mio corpo
divento diapason arcano
e cantilena di corallo nero
amata dalla piovra degli abissi.

(Allora la mia teca di cristallo
allarga cerchi giganteschi
nel silenzio immobile.)

La Sezione XVII della raccolta lirica Lungo la costa di Kenneth White (Amos Edizioni, 2005) mi riporta alla vita. Dai cerchi di cristallo della mia teca il pulsare del pensiero nella sua grazia luminosa.

it will come again
                           the living thought
              certain as those wings
                                    that catch the light
    and exact in its loveliness
                      certain as those wings
                                 and
          exact in its loveliness
                                      the living thought
it will come again.

verrà di nuovo / il pensiero vivente / certo come quelle ali /  che catturano la luce / ed esatto nella sua bellezza / certo come quelle ali / ed / esatto nella sua bellezza / il pensiero vivente / verrà di nuovo.

Traduzione di Irene Navarra.

Poesia / Dettagli - Vetro (5).


Nel mio libro lirico Dettagli (Edizioni della Laguna) Vetro è una silloge della Seconda Parte. Vi racconto la maledizione del vedere tutto, sentire tutto, comprendere tutto.
Ambientata in un SottoMondo marino, propone vie di salvezza al vivere feroce dei nostri tempi.
Rimedi. Ciclici come la risacca e la marea.
Creatura in metamorfosi, dunque, costretta a guardare attraverso palpebre cristalline, costruisco un universo parallelo in cui gli stati esistenziali diventano fluidi e si compenetrano in coerenza crescente. La Vita e la Morte si soffondono, così, di un Vaghissimo sentore della Luce (in Vetro 7) che disarticola ogni senso comune favorendo percezioni profonde.
La gamma coloristica del disegno suggerisce il progredire degli stati cognitivi. Nel contempo, però, anche il fatidico destino di chi, pur illuminato, non interagisce per un naturale conformismo. Abbandonarsi, infatti, alla pura energia primordiale, sottesa panicamente a ogni essenza, significa rinunciare al libero arbitrio.
Da qui il paradosso del sapere di più e potere di meno.

Il destino degli esseri di vetro.
Irene Navarra, Occhio di mare, Disegno grafico. 2017.

5

Vedere con la vista liquida
nella penombra submarina fa
in fondo penetrare nelle cose.
Anzi è tutt'uno con le cose.

(Consolazione inconsistente per chi
non ha che vetro attorno a sé.)

mercoledì 17 maggio 2017

Critica sociale / La macchina del fango (con Dante Alighieri).


Esaltare se stessi calunniando gli altri.
Eh, sì! Bel modo di spingersi, corna in resta, contro chi ti turba perché:
evidentemente fornito di competenze specifiche,
capace di esprimerle in modo corretto, elegante,
dedito persino al tacere piuttosto di esporsi al ridicolo del parlare comunque.
Fonte di conoscenza, quindi.
Creatore di Bellezza, insomma.
La Nuda Veritas dovrebbe essere destinata a vincere.
Invece:
la macchina perversa e sempre in funzione del fango trasforma i fiori in guano, i pensieri puri in materiale putrescente, i gesti gentili in veleni.
Guardiamoci in giro e ce ne accorgeremo.
Basta un'occhiata veloce e ci sei. Nel sobbollente mare di sterco, intendo, che soffoca la nostra società malata.
Per i Rimedi ricorro a Dante, l'amato Padre che mi salva dal naufragio e mi ritempra gli umori in virtù della sua vicenda personale, irta di difficoltà all'apparenza insormontabili ma affrontate sempre con intrepida determinazione.
Il tempo contemporaneo ha bisogno di lui.
Noi, piccoli esseri, abbiamo bisogno di trarre forza dal suo esempio per continuare a vivere come Dignità insegna, scansando chi ci intralcia volutamente.
Amen.

Jan Van der Straet, Maestro Adamo e Sinone - Inferno - Canto XXX, Illustrazione, 1587.
- Fonte: Wikipedia -

Nella decima Malabolgia del Cerchio VIII del suo Inferno, Dante Alighieri colloca i falsatori di metalli, persone, monete e parole. Questi ultimi sono vessati da una febbre ardente che ne stravolge i sensi. In vita storpiarono il vero con insinuazioni mendaci, ora è quella stessa smania a perseguitarli in carnale tortura eterna.
Egli li rappresenta per antonomasia nella persona di Sinone Greco, colui cioè che, fingendosi abbandonato dai compagni, convinse Priamo a introdurre in Troia il cavallo di legno, e ne favorì la distruzione. Il disprezzo, lo sdegno del Sommo Poeta per tali peccatori si esprimono attraverso l'uso di uno stile aspro dalle sonorità ardite. Le Rime si fanno davvero petrose e la scena si connota di una palese vena grottesca il cui realismo risulta immediatamente fruibile.
Sinone ci si presenta in rissa con Mastro Adamo, falsario di monete. I due non si risparmiano né le ingiurie, né le percosse. Dante guarda e ascolta.

E io a lui: "Chi son li due tapini
che fumman come man bagnate ’l verno,
giacendo stretti a’ tuoi destri confini?".

"Qui li trovai - e poi volta non dierno -",
rispuose, "quando piovvi in questo greppo,
e non credo che dieno in sempiterno.

L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo;
l’altr’è ’l falso Sinon greco di Troia:
per febbre aguta gittan tanto leppo".

E l’un di lor, che si recò a noia
forse d’esser nomato sì oscuro,
col pugno li percosse l’epa croia.

Quella sonò come fosse un tamburo;
e mastro Adamo li percosse il volto
col braccio suo, che non parve men duro,

dicendo a lui: "Ancor che mi sia tolto
lo muover per le membra che son gravi,
ho io il braccio a tal mestiere sciolto".

Ond’ei rispuose: "Quando tu andavi
al fuoco, non l’avei tu così presto;
ma sì e più l’avei quando coniavi".
          E l’idropico: "Tu di’ ver di questo:
          ma tu non fosti sì ver testimonio 
          là ’ve del ver fosti a Troia richesto". 

          "S’io dissi falso, e tu falsasti il conio", 
          disse Sinon; "e son qui per un fallo, 
          e tu per più ch’alcun altro demonio!". 

          "Ricorditi, spergiuro, del cavallo", 
          rispuose quel ch’avëa infiata l’epa; 
          "e sieti reo che tutto il mondo sallo!".

          "E te sia rea la sete onde ti crepa", 
          disse ’l Greco, "la lingua, e l’acqua marcia 
          che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!". 

          Allora il monetier: "Così si squarcia 
          la bocca tua per tuo mal come suole; 
          ché, s’i’ ho sete e omor mi rinfarcia, 

          tu hai l’arsura e ’l capo che ti duole, 
          e per leccar lo specchio di Narcisso, 
          non vorresti a ’nvitar molte parole". 

          Dante Alighieri, La Divina Commedia,
          InfernoCanto XXX, vv. 91 – 129. 
          Fonte: Wikisource

Ciò che conta è l'abiezione della pena e il degrado in cui versano i colpevoli di diffamazione. Ridotti "fuori dei sensi", come lo furono durante la loro meschina esistenza per l'efferatezza del sentire, emanano una puzza d'arso unto (Buti) data dal contrappasso della febbre altissima che li tormenta. Immagine, questa, ben descrittiva della condizione vile di quanti, travolti da un insano fervore, cercano di screditare i mal capitati accidentalmente sulla loro strada, spargendo parole sibilline e ingannevoli.
Semper valet, dunque, la lezione di Dante.

sabato 13 maggio 2017

Non-Haiku / Noterelle un po' critiche 6 (con Antonio de Curtis / Totò).


Questo Frammento poetico potrebbe essere un haiku. Ma non lo è. Esprime un sentimento esistenziale del tutto nostrano. E quando dico nostrano, intendo di verace spirito italico. Chi conosce un po' di storia letteraria e di costume della MadrePatria lo capirà. Non occorre, quindi, che io citi l'italicum acetum di veneranda memoria, gli autori comico-parodici del Medioevo toscano o l'eroicomico poema seicentesco La secchia rapita di Alessandro Tassoni. Noi Italiani possediamo una genetica vena mordace che ci fa ridere e lacrimare assieme.
Niente haiku, pertanto, per raccontare in succinto la singolare unicità di Antonio de Curtis / Totò (quale giapponese potrebbe ispirarglisi e scriverne?). Solo un Frammento di tre versi per diciassette sillabe con punto fermo finale e senza trattino. Un Non-Haiku.

Antonio de Curtis, in arte Totò.
- www.windoweb.it -









Profilo inciso
nell'arco buffamaro
di gioia e pianto.












mercoledì 10 maggio 2017

Poesia / Derive - (Proposito).






Penso ad amare il mio nemico
perché l'assalto che mi dona
lenisce lo scippo della vita.

(In questo mondo feroce non resta altro.)

La lirica, tratta da Derive del 2009, rappresenta un potente mantra di sopravvivenza.
La considero veritiera. Tanto da collocarla come ritratto personale nella Home del mio Sito.






E ora il video.

lunedì 8 maggio 2017

Poesia / Senza Parole - Nel silenzio (Graffiti Writing).


Degrado di parola in formazione
sopra un intonaco scrostato.
Solo il frusciare dello spray
e tutt'al più la notte.
Parla, la notte.
Di grilli, vento.
Sussurra con l’Isonzo
in corsa parallela e piana.
Graffiti che si fissano.
Protervi.

Il Terzo che subito s'invola ha voce.
Ma solo colorata.
Permane un aleggiare di presenza.
Nessuna sillaba sonante.
L'identità diventa traccia pura.

Posi lo sguardo.
La sosta di un momento.
Giri sui tacchi.
Vai.


Le tre Entità: il Graffito, l'Osservatore, l'Autore ossia il Terzo. Egli è negatore di per se stesso del principio aristotelico di Auctoritas. Il suo è un Ipse dixit anonimo. Il semplice firmare, spesso, non concretizza la persona.


Irene Navarra, Graffito 2, Fotografia, 2017.
Irene Navarra, Graffito 1, Fotografia, 2017.


























Irene Navarra, Graffito 3, Fotografia, 2017.

Nelle immagini: Graffiti a Gorizia in Via degli Scogli (parallela al corso dell'Isonzo).